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Ruchè: vino unico del Piemonte

23.06.2015

Il Ruchè di Castagnole Monferrato è uno dei vitigni autoctoni del Piemonte, tra le regioni leader del settore vitivinicolo italiano. Il vitigno e l'omonimo vino sono stati presentati a Praga, a palazzo Zofin, con un seminario specializzato, realizzato nell’ambito della sesta edizione di Italian Wine Emotion. Ne abbiamo parlato con Luca Ferraris, presidente del Consorzio di Tutela del Ruchè.

Presidente Ferraris, potrebbe presentarci le principali caratteristiche del Ruchè?

Il Ruchè è una denominazione che fa parte del Consorzio Barbera, Asti e Vini del Monferrato. Il consorzio di produttori in questi anni ha fatto dei passi da gigante: nel 2001, quando siamo nati, la produzione era di alcune decine di migliaia di bottiglie, mentre nel 2014 ne abbiamo prodotte ben 680 mila. Questo aumento è visibile anche in termini di vigneti piantati: nel 1997 il Ruchè era coltivato su circa venti ettari, che oggi sono saliti a ben 136. Si tratta quindi di un aumento importante, per un vino che è considerato e che vuole rimanere di nicchia. In questi prossimi anni vogliamo crescere ancora, per raggiungere una di produzione di uno o due milioni di bottiglie, che ci garantirebbe un volume sufficiente per essere presenti sui mercati esteri.

Quali sono le caratteristiche del Ruchè, che potrebbero suscitare interesse sui mercati internazionali?

Il Ruchè è autoctono, perciò nessun altro prodotto vinicolo al mondo è paragonabile. Si tratta di un vino aromatico con profumi molto particolari di tipo floreale o fruttato, che costituiscono un quadro aromatico assolutamente elegante. Questo vino di piemontese non ha quasi nulla, si tratta di un vino morbido e con bassa acidità. Solitamente si vende con un’età di uno o due anni, anche se di recente abbiamo degustato delle versioni maturate per dodici-tredici anni. Queste degustazioni ci hanno convinto che il Ruchè ha grandi potenzialità.

Rispetto alla nascita del Consorzio nel 2001, com'è cambiato il tessuto dei produttori?

Sicuramente gli standard di qualità si sono unificati a livelli più alti, evitando certe sbavature che si erano registrate alla nascita del Consorzio. I produttori hanno infatti effettuato numerosi investimenti in cantina. Inoltre, sono arrivati anche numerosi giovani, che hanno studiato enologia, portando così nuove idee e soluzioni. Infine, con il passaggio da DOC a DOCG, avvenuto nel 2010, è stata eliminata la dicitura Amabile ed è rimasto solo il Ruchè fermo.

Negli ultimi anni si sta sviluppando fortemente la nicchia di vini biologici e biodinamici. Quanto sono sensibili a questo trend i produttori del Consorzio?

Il Consorzio lascia su questo punto una libera scelta. Ci rendiamo conto che le specifiche condizioni del terreno e del clima del nostro territorio favoriscono lo sviluppo di certi tipi di muffe e parassiti, che rendono particolarmente difficile la coltivazione biologica e biodinamica. La possibilità che il raccolto venga perso per questa causa è quindi particolarmente elevato. Per questi motivi, tra i nostri produttori la coltivazione biologica e biodinamica è assolutamente minoritaria.

Lei ha già specificato che il Consorzio punta fortemente sui mercati esteri. Cosa state facendo per farvi conoscere fuori dai confini del Piemonte?

Il Consorzio sta investendo fortemente sulla promozione del marchio sia in Italia che all'estero. È stato realizzato ad esempio uno stand di sessanta metri alla fiera ProWein di Dusseldorf. Inoltre puntiamo su eventi più mirati rispetto alle grandi fiere internazionali, dove un vino di nicchia potrebbe non ricevere l'attenzione che merita. Abbiamo registrato un grande successo nelle presentazioni a Oslo e Copenaghen. Infine puntiamo su missioni incoming di giornalisti stranieri, che vengono a scoprire i nostri vini e la bellezza del nostro territorio, che ha ricevuto l'anno scorso un riconoscimento di spessore mondiale, in quanto, come primo territorio di vino al mondo, è stato dichiarato dall'Unesco Patrimonio mondiale dell'Umanità. Questo riconoscimento, che è il successo di tutti i territori delle Langhe, Monferrato e Roero, certamente valorizza i nostri prodotti e sta avendo già un impatto positivo sulle attività turistiche. Anche il Consorzio supporta questo legame tra turismo e attività vitivinicole, partecipando all'organizzazione di numerosi eventi sul territorio.

Come convivete con i grandi marchi di vini piemontesi?

Il Ruchè è una denominazione molto piccola, che ha bisogno di essere spalleggiata da quelle più grandi.  Credo quindi che alcuni grandi denominazioni, come Barolo o Barbaresco, possano servire da apripista sui mercati internazionali. Una grande attenzione ai mercati internazionali è riservata dai produttori del Barbera d'Asti, con cui si possono trovare delle sinergie. In complesso, il Piemonte si conferma come la regione traino del settore vitivinicolo italiano, anche grazie al più elevato numero di vitigni autoctoni, come il Ruchè.

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